domenica 18 marzo 2018

L'ipogeo di San Salvatore di Sinnis 3°

I Sardi e il geroglifico egiziano.
Che rebus!
di Sandro Angei




   L’ipogeo di San Salvatore di Sinnis non finisce di stupirci con le sue invocazioni alla divinità nuragica ed ancora una volta lo fa con un ennesimo rebus.

   In una delle pareti della prima camera a sinistra dell'ipogeo (vedi Fig.4), troviamo i segni individuati in Fig.1:
- un'asta verticale
- un triangolo pseudo equilatero
- il monogramma RF
- un serpente
- una sorta di lucerna con tanto di manico

   Al momento è prematura la individuazione del senso di lettura, che sarà dettata dallo studio delle singole righe. In ragione di ciò tralasciamo al momento la lettura della prima riga che potrebbe leggersi indifferentemente da destra verso sinistra o viceversa; mentre la seconda riga si legge senza alcun dubbio da sinistra verso destra: RF.
   La terza riga reca un serpente e quella che sembra essere una lucerna. Se queste due immagini fanno parte dell'iscrizione, sicuramente esse hanno significato logografico. La mente va allo scarabeo di Monte Sirai che reca una doppia iscrizione, la prima in caratteri geroglifici egiziani, la seconda in caratteri dell'alfabeto nuragico. Questo non è certo l'unico reperto che testimonia uno stretto rapporto tra Sardegna ed Egitto faraonico e in ragione di ciò ci sentiamo autorizzati ad attingere al repertorio geroglifico egiziano per tentare la decifrazione di una iscrizione difficilmente interpretabile in altro ambito.
   Per tanto riferendoci alla lista del Gardiner possiamo associare il serpente qui raffigurato al geroglifico “vipera cornuta” e quella, che a primo acchito abbiamo definito “lucerna”, al geroglifico “cesto con manico”; inoltre, usando le regole scrittorie tipiche della scrittura geroglifica egiziana, possiamo affermare che con tutta probabilità la terza riga si legge da destra verso sinistra perché, in generale, il senso di lettura dei geroglifici egiziani è dato dalla posizione dell'essere vivente posto al lato della sequenza scrittoria. In questo caso la vipera guarda verso il cesto con manico, e per questo motivo quest'ultimo è il primo geroglifico da leggere. Detto questo, possiamo dire con ragionevolezza che, se la seconda riga si legge da sinistra verso destra e la terza da destra verso sinistra, la prima riga di scrittura deve esser letta da destra verso sinistra; secondo la regola della scrittura brustrofedica.

   
Fig. 1

   Cerchiamo ora di interpretare tutti i simboli.
Prima riga di scrittura:
   Operando un collegamento fra tabula ansata studiata nella seconda parte dell'articolo, ai due segni qui descritti: asta verticalee triangolo pensiamo che quest'ultimo possa essere interpretato, per associazione di idee, pure qui come una "maniglia", col significato di “sostenere”; oltre al significato taurino. L'asta verticale al quale esso triangolo è strettamente collegato riconduce allo yod, ormai attestato quale abbreviazione del nome del dio nuragico yhw.

La seconda riga di scrittura non necessita di alcun commento, per quanto già pubblicato nella prima parte dell'articolo.

Terza riga di scrittura:
   Il geroglifico egiziano V31 “cesto con manico” ha due significati:
- fonologico del grafema: “k” (il kaph semitico),
- ideogramma del pronome personale: tu.

   Il geroglifico egiziano “serpente” può avere diversi significati a seconda della sua postura o atteggiamento. Il grafito sembrerebbe indicare in particolare una "vipera cornuta", che nell'alfabeto geroglifico egiziano (I19 della lista del Gardiner) ha tre significati:
- fonologico: f
- determinativo e ideogramma di: padre
- ideogramma di essere, esistere

 Il bilittero kf che ne risulta dalla lettura fonologica, in ebraico כף, significa in quest'ultima lingua: palmo della mano [1]  o pianta del piede.
 Per tanto possiamo ragionevolmente interpretare la scritta nel seguente modo:
- un triangolo col significato logografico di “sostenere
- un’asta verticale: yod acronino del nome yhw
- il bilittero  in caratteri latini RF, con la F in forma non mostruosa col significato di guarire.
- un cesto con manico, suono k, e contestualmente pronome personale egiziano tu
- una vipera cornuta, suono f  (semitico ph con la doppia valenza fonetica di p o f)[2], e contestualmente ideogramma egiziano di padre.

   In sostanza vediamo nella scritta il ripetersi di un preciso intento scrittorio: scrittura di un lemma semitico con diversi alfabeti: 1° nuragico, 2° latino, 3° egiziano. Lo stesso metodo lo riscontriamo nella lapide di Giorre Utu Urridu rinvenuta ad Allai (come vedremo più avanti, non è la sola coincidenza scrittoria). Lapide studiata dal Prof. Sanna nel suo articolo pubblicato su Monte Prama blog il 01/12/2014 .

   Ma non è tutto. Anche il senso di scrittura ha il suo significato logografico dato dalla progressione bustrofedica, ossia “serpentiforme” della scritta. Attestazione di ciò la riscontriamo ancora nella lapide di Allai; nella quale il testo etrusco marcatamente bustrofedico descrive un serpente seguendo il senso di lettura (Fig. 2 comparativa).

Fig. 2a                                                                        Fig. 2b

   Un ulteriore particolare, che riteniamo non di poco conto, c'è da rilevare: l'immagine di Fig. 2a mostra chiaramente che i due serpenti (quello disegnato e quello ideografico: progressione di scrittura), sono affrontati (la freccia individua la testa del serpente, perché questa indica il senso di avanzamento del rettile). Istintivamente mi domando: qual'è il significato dei serpenti affrontati? Non vorrei sbagliare, ma penso che il significato sia quello di "curare".
   Qui ci viene in aiuto ancora una volta il V.T., con Giobbe (2,10) che rimprovera la moglie: “Tu parli da donna insensata! Abbiamo accettato il bene dalla mano di Dio, e rifiuteremmo di accettare il male?” Qui si capisce fino in fondo la doppia natura del dio ebraico, che procura il male, la malattia e il dolore (serpente maligno) ma somministra anche il rimedio per curare quei mali (serpente benigno). Per tanto i due serpenti possiamo interpretarli quali portatori del bene e male della divinità, e conseguentemente, logogramma ideografico con significato di "cura" del "male" per mezzo del "bene".
   Avendo individuato i due serpenti, la regola filologica impone la ricerca del terzo rettile, alla stregua, ancora una volta, della lapide di Allai. Nella nostra iscrizione il terzo serpente lo individuiamo nel monogramma RF (Fig. 3). La forma del rettile (o se vogliamo del "Nacash" è chiara ed è del tutto pertinente al contesto, legata com'è, la sua simbologia, al significato di rigenerazione e quindi di immortalità; ma anche al significato di guarigione, anch'esso teso al prolungamento della vita e quindi brama di immortalità. Si spiega così il motivo della legatura della R con la F, che altro non è se non un modo di nascondere quel segno forte della natura divina.
Fig. 3

   Nella iscrizione di San Salvatore ritroviamo in modo perfettamente identico il modo di scrivere per tre volte serpente che torviamo nella lapide di Allai. In Fig. 4 abbiamo individuato con numeri l'esatta corrispondenza:
1: serpente ideografico dato dal senso di scrittura/lettura
2: serpente pittografico/logografico
3: serpente rappresentato dal grafema lineare

Fig. 4
   I tre serpenti sono chiara allusione alla divinità mediante il determinativo: Lui

Mettendo assieme la sequenza leggiamo:
Sostieni y[h]
guarisci
tu padre [col] palmo della mano
serpente immortale  che cura, Lui

Riflessioni

Prima riflessione
   Nella terza riga di scrittura troviamo un formidabile esempio di rebus che potremmo definire  “polisemico composto e agglutinato”, che da senso di lettura prima in egiziano, per via ideogrammatica con: “tu padre[3] ; dopo con la sequenza fonologica data dai medesimi geroglifici, che restituiscono la voce ebraica “palmo della mano”.
Fig. 4

   
Seconda riflessione
   Abbiamo affermato che la F del bilittero preso in considerazione non è in forma mostruosa   come quella della camera 3; ciò non di meno rileviamo un certo sbilanciamento di forme tra i segni che costruiscono la R rispetto a quelli che delineano la F; quest'ultima reca i tratti orizzontali troppo piccoli e posti un po' troppo verso l'alto, rispetto all'asta verticale e rispetto alla forma più armoniosa della R (fig. 5).
Fig. 5 

  L'affermazione, dettata dalle diverse conformazioni del grafema, ci spinge a fare una considerazione ed una successiva domanda: la posizione dei monogrammi all'interno degli ambienti del santuario sembra seguire un preciso schema. Guardando la pianta dell'ipogeo (Fig.6) si può notare che i 7 monogrammi RF “mostruosi” sono tutti nell'ambiente n° 3 mentre il monogramma “normale” è ubicato nell'ambiente n° 1 fornito di pozzo.
   In ragione di questa ubicazione possiamo ipotizzare che l'ambiente  n° 1 fosse dedicato alla richiesta di guarigione; motivo per il quale l'ambiente contiene il pozzo, deputato ad un qualche rito salutifero legato all'acqua; mentre è possibile che l'ambiente n° 3 fosse destinato a riti di ringraziamento per “grazia ricevuta”.
   In ragione di questa considerazione di carattere topografico, mi domando: perché il monogramma RF dell'ambiente 1 è scritto in un modo, mentre tutti quello dell'ambiente 3 sono "tutti" in forma mostruosa?
   Probabilmente per rispondere a questa domanda dovremmo aspettare di scoprire “altro” e/o trovare le giuste connessioni di dati, che siano essi di carattere epigrafico o antropologico, lì dove i riti ancestrali seguivano determinati schemi mentali.
Fig. 6

Terza riflessione
   Per provare che in effetti siamo difronte ad una iscrizione in mix alfabetico nuragico, latino ed egiziano, per quanto riguarda i grafemi; e nuragico, semitico ed egiziano per quanto riguarda la fonologia, è necessario produrre prove di quanto stiamo andando asserendo.
   In tal senso ci viene in aiuto lo scarabeo di Monte Sirai [4],  il quale riporta, in una sorta di sincretismo religioso, una doppia valenza scrittoria: geroglifica Amunica e geroglifica nuragica del dio yhwh, come si può ben vedere nella immagine di Fig. 7.

Fig. 7
Considerazioni finali

   In questa terza parte dello studio probabilmente abbiamo scoperto il motivo che indusse lo scriba nuragico a legare il trilittero RFh in un monogramma. Egli doveva nascondere nell'intimo della scritta uno degli aspetti più forti della natura divina; ossia “serpente che guarisce”. Serpente inteso quale padre creatore.
  Come sopra abbiamo ipotizzato, i serpenti affrontati potrebbero avere il significato di “cura”. Nel V.T. Numeri 21,4 – 9 vi è scritto che Dio mandò serpenti velenosi che uccisero molti Israeliti perché peccatori. Mosè pregò ed intercesse presso il Signore ed egli gli disse di fare un serpente (di rame) e metterlo sopra un'asta, perché chiunque fosse stato morso da una serpe, guardando il serpente di rame avrebbe avuto salva la vita. Nel passo biblico troviamo l'ideologia alla base del monogramma Rfh: serpente che guarisce.

   Il significato del “ serpente che guarisce”, apre un nuovo spiraglio nella comprensione  di quanto scritto all'interno della tabula ansata dell'ipogeo di San Salvatore.
   Nella seconda parte dedicata alla tabula ansata abbiamo precisato che: “ In sostanza, in modo del tutto metaforico, le anse sono mezzo di sostentamento e garanzia di congiunzione (rapporto) tra l'uomo e l'entità divina salvifica, sotto la protezione del suo paredro, il toro solare androgino vivificante”, senza specificare chi fosse questa “entità divina salvifica”. Ora possiamo dire, dopo aver interpretato questa nuova valenza del monogramma Rfh, che quella entità è “il serpente che guarisce”.
   Secondo questa interpretazione dobbiamo aggiungere, arricchendola di significato, quanto sta scritto nella e con la tabula ansata; ossia: "doppio sostegno sicuro del toro, divina luce sorgente di vita, [il] serpente guarisce «nome dell'infermo» guarisce [il] serpente Lui".

continua

[1] Nella V.T. Troviamo varie attestazioni che vedono “la mano” di yhwh protagonista. In Giobbe 2,10 il patriarca ammonisce sua moglie: “Tu parli da donna insensata! Abbiamo accettato il bene dalla mano di Dio, e rifiuteremmo di accettare il male?” In Isaia 49,16 rivolto a Sion yhwh afferma: “Ecco, ti ho inciso sulle palme delle [mie] mani. Le tue mura sono continuamente di fronte a me”. In questo versetto ritroviamo inaspettatamente quello che protremmo identificare quale tessera hospitale ante litteram. La mano del Dio di Israele reca incisa nel palmo, ossia nell'incavo che accoglie e protegge, il nome di Sion (Gerusalemme), città del popolo eletto. La mano di Dio accoglie e sostiene e per tanto protegge ciò che il simbolo inscritto in essa evoca; ossia sentimenti di amicizia, ospitalità e protezione. Con tale significato dobbiamo interpretare la “mano” inscritta”, alla stregua delle tesserae hospitales e quindi delle tabulae anstatae?  Ognuno interpreti la domanda; vuoi in senso reale, dando una risposta, se vuole o può; oppure in senso retorico, con le risposte qui ipotizzate. 

[2] In ebraico il grafema “pe פ, in finale di parola si pronuncia sempre “f”.  

[3] Lo scarabeo di Monte Sirai  prova, al di la di ogni dubbio, che chi intagliò quel talismano conosceva perfettamente la lingua geroglifica egiziana.

[4] Pubblicato per la prima volta con relativa interpretazione in chiave nuragica su: http://gianfrancopintore.blogspot.it/2012/04/lo-scarabeo-di-monte-sirai-lobelisco-di.html argomento in seguito ripreso su: http://monteprama.blogspot.it/2013/10/gli-scarabei-sigillo-della-sardegna-e.html

Nessun commento:

Posta un commento